Storia dei Gemellaggi del Comune di Lecco

Macon e i suoi vigneti

Il Gemellaggio è un patto simbolico tra due città appartenenti a Stati diversi, attuato per promuovere tra loro relazioni politiche, economiche e culturali. Tali accordi vengono stabiliti tra Paesi, a volte anche lontani tra loro, che hanno nelle loro storie punti di somiglianza nei quali riconoscersi. Il Gemellaggio nasce alla fine del Secondo Conflitto Mondiale come reazione al sentimento di odio che la guerra aveva lasciato tra i popoli, al fine di edificare una sola Europa al di sopra delle frontiere.

Storia dei Gemellaggi del Comune di Lecco

Lecco, fin dal 1952, aderì alla sezione italiana dell’AICCRE (Associazione Italiana Consiglio Comuni Regioni d’Europa), fornendo il proprio contributo a tutte le riunioni degli Stati Generali dei Comuni d’Europa per coordinare tra loro le politiche amministrative delle differenti città, con particolare attenzione alle problematiche del territorio.

Nel 1969 l’avvocato Emilio Sangregorio, allora Vice-Sindaco del Comune di Lecco, partecipò agli Stati Generali dei Comuni d’Europa a Bordeaux. In questa occasione si stabilirono i primi contatti tra la città di Lecco e quella di Mâcon in Borgogna (Francia) e, grazie alla presenza del Sindaco francese Louis Escande, si concretizzò l’idea di un gemellaggio tra le due città.

Il contributo dei Sindaci di Lecco

Il 9 Settembre 1972 presso il Comune di Lecco si istituì la seduta straordinaria del Consiglio Comunale per la ratifica del Gemellaggio tra Lecco e Mâcon alla presenza di tutte le autorità cittadine civili, militari e religiose. La cerimonia fu replicata a Mâcon l’anno seguente (1973) in occasione della Fiera Internazionale del Vino. I Sindaci che firmarono il Giuramento della Fraternità furono per Lecco Guido Puccio e per Mâcon Louis Escande. Gli scambi tra le due città si intensificarono e coinvolsero diverse categorie: associazioni sportive, medici, sindacati, vigili del fuoco, insegnanti ed imprese locali. Il 1° Dicembre 1974 fu conferito al Comuni di Lecco da parte del Parlamento di Strasburgo “Le Drapeau d’Europe” per l’opera svolta a favore dei gemellaggi, simbolo di fratellanza e amicizia tra i popoli.

Nel 1981 l’amministrazione Comunale, su proposta del Comitato per i gemellaggi, incentivò un secondo gemellaggio con la città fiamminga di Overijse (già gemellata con Mâcon) situata a 10 km da Bruxelles. La cerimonia di ufficializzazione del patto di gemellaggio fra le due città ebbe luogo a Lecco il 24 Maggio 1981 e a Overijse ad Agosto 1980. I rispettivi sindaci furono Giuseppe Resinelli e René Brankaer.

Nel 1989 si misero le basi per la costituzione di un nuovo gemellaggio con la città di Igualada in Catalogna, situata a 35 km da Barcellona (Spagna). La cerimonia ufficiale di gemellaggio si tenne a Lecco il 22 Giugno 1990 e a Igualada il 23 Settembre dello stesso anno. I Sindaci furono Giulio Boscagli e Manuel Miserachs. Nel 1995 Edgardo rossi, membro del Direttivo, promosse un gemellaggio con un paese dell’Est Europeo. La città scelta fu Szombathely a 250 km da Budapest (Ungheria). Il 25 Giugno 1995 a Lecco nel Salone Consiliare, i Sindaci Giuseppe Pogliani e Wagner Andras firmarono l’unione tra le due città, contribuendo a creare i presupposti per la federazione europea. La cerimonia ufficiale di gemellaggio fu ripetuta a Szombathely il 9 Novembre dello stesso anno, in presenza anche delle delegazioni con cui la città era gemellata.

Nel 2004 tra il Sindaco Lorenzo Bodega e la città di Mytishi a 10 km da Mosca (Russia) si instaurò un progetto di amicizia extra-europea con il coinvolgimento di tutte le categorie sociali: dalla scuola alle imprese, dai gruppi sportivi alle associazioni culturali per la conoscenza delle realtà reciproche. Nel 2005 venne approvata la delibera di gemellaggio e la firma dell’atto ufficiale si celebrò a Lecco il 24 Marzo di quell’anno. Si trattò ovviamente di un gemellaggio di natura eccezionale rispetto all’ambito statuario locale e dell’AICCRE.

Le interviste ai Sindaci

1997 Anno di mia elezione a Sindaco. Giuseppe Magni era il presidente, la compianta madame Elda Cattaneo segretaria dall’entusiasmo inesauribile e la sig.ra Beatrice Caruzzo sempre presente e pronta a lavorare per il bene del comitato gemellaggi. Il comitato si riuniva in una angusta saletta di via Sassi. Bisognava trovare una sede più rappresentativa. Fu così che si trasferì in un rustico di villa Guzzi allo Zucco, dopo che l’ing. Pierluigi Mascetti dirigente del Patrimonio comunale predispose i lavori di sistemazione del tetto. Bisognava inoltre destinare qualche risorsa economica in più per consentire di invitare le città gemelle a Lecco e favorire gli scambi culturali dei nostri giovani.

Furono anni di rinascita ed alle 4 città gemelle, si aggiunse Mithishi città russa confinante con Mosca. Ricordo quei momenti con grande affetto e nostalgia. Gli amici russi, con grande entusiasmo ci accolsero e noi accogliemmo loro. L’amicizia tra le due città fu talmente forte che la città di Mithishi costruì un albergo e lo nominò “città di Lecco”. A tutte quelle persone, dalla fondazione del comitato ad oggi, che hanno dedicato con passione il loro tempo per favorire l’amicizia tra i popoli, va la mia riconoscenza e ringraziamento.

I laghee nella puszta

Nel 1995, a pochi anni dalla caduta del muro di Berlino, dalla dissoluzione dell’impero sovietico e dal Trattato di Maastricht, la Comunità Europea era composta da soli 15 Paesi, i cui governanti guardavano ad oriente con ottimistiche aspettative, non solo economiche ma anche politiche. Lecco si era da tempo gemellata con tre città della vecchia Europa, che dal secondo dopoguerra seguivano un modello di sviluppo pressoché omogeneo e con le quali aveva consolidato rapporti principalmente culturali.  Il momento propizio ci stimolava a conoscere i popoli che per mezzo secolo erano vissuti nel buio, spinti non da prosaica curiosità vacanziera ma dal desiderio di capire come avremmo potuto crescere insieme. La signora Beatrice Tasnàdi, di origini magiare, suggerì al Comitato di instaurare rapporti con Szombathely, città prossima al confine con l’Austria: scelta azzeccata. Da bambino mi avevano vestito da Ussaro e letto Molnàr, poi avevo ascoltato Liszt e Bartòk, assaggiato gulyàs e palacsinta, sorseggiato Tokaji, centellinato Pàlinka e Unicum, imprecato contro il cubo di Rubik, ma quanto sapevo degli ungheresi a casa loro?

Avevo girovagato per una Jugoslavia che si barcamenava tra i due blocchi ma non avevo mai varcato la cortina di ferro. Ricordavo con tristezza la rivoluzione del ’56, soffocata tragicamente dall’Armata Rossa, ed ero rimasto sorpreso dalla relativa facilità con cui nel ’92 l’Ungheria, primo tra gli Stati satelliti, si era sottratta al giogo sovietico e aveva aperto le frontiere per avviarsi sullo sconosciuto cammino della libertà. Giunto a Szombathely nella stagione fredda, notai subito un traffico tranquillo di buone auto tedesche, anche di grossa cilindrata, e di poche sgangherate Trabant, sopravvissute al repulisti. Mi sembrò la prima e più evidente rappresentazione del cambiamento e del benessere conquistato. Fui poi colpito dal complesso di caserme, che erano state strategiche nel Patto di Varsavia, spogliate di tutto il possibile e abbandonate, lì a testimoniare l’esaurimento di quella potenza che aveva intimorito il mondo.

In città i grandi, sobri e asettici edifici del socialismo reale si affiancavano all’elegante e colta solidità dei palazzi asburgici che, in statu quo, emanavano il fascino della nobiltà antica. Sentii un po’ di invidia per essi e per le grandi piazze che davano respiro ai quartieri.  L’antica Savaria, importante centro nevralgico nell’Impero Romano sulla Via dell’Ambra, era stata rasa al suolo da un terremoto nel V secolo e purtroppo pochi erano i reperti visibili negli scavi. La cattedrale e il vescovado, entrambi di fine ‘700, testimoniavano invece l’importanza della città nell’Impero Asburgico. Il vescovo, alto e austero, ci accolse con misurate parole in una giornata rigida; complice l’atmosfera ovattata, mi vennero alla mente gli angustiati racconti giovanili sulla “Chiesa del silenzio” e sul cardinale Mindszenty, di cui troppi ora sembrano essersi dimenticati. I maggiorenti comunali, molto cordiali, si mostravano determinati ad aprirsi ai mercati e a recuperare rapidamente quell’atavica spinta imprenditoriale che il dirigismo di regime aveva represso ma non soffocato, almeno nelle menti più aperte. Ho poi potuto apprezzare l’elevato livello degli interlocutori, impegnati nella ricerca di nuove attività e nello sviluppo di quelle correnti.

Un buon aiuto all’economia cittadina era già dato dai tanti austriaci che varcavano il confine attratti dai prezzi molto vantaggiosi di prodotti, lavorazioni e ristoranti.
Gli operatori del settore culturale sognavano di visitare il nostro Paese, del quale conoscevano la storia e la cultura, sperando nell’attrattiva della loro buona musica.
Fu per me un’esperienza lieta, interessante e istruttiva, probabilmente simile a quella dei tantissimi amministratori locali che, condotti da concittadini volenterosi, vanno qua e là nel mondo per cercar di cogliere il meglio delle altrui culture e per proporre il meglio della propria. Se siamo vissuti in pace per tre quarti di secolo, un traguardo storico eccezionale, è anche un pochino merito del modesto impegno di chi ha superato le barriere per andare a stringere la mano a uno sconosciuto e diventargli amico.

Buona continuazione!

I quasi quattrodici anni passati in comune di Lecco, equamente divisi tra la funzione di assessore e quella di sindaco mi hanno messo in contatto più volte con le iniziative del Comitato Gemellaggi, sia come semplice partecipante sia come protagonista diretto. Qualche episodio più curioso forse merita di essere ricordato. Vorrei tuttavia premettere un’osservazione che ci riporti al clima di quegli anni, compresi tra la fine degli anni settanta e l’inizio dei novanta dello scorso secolo. Sono, infatti, anni che, rispetto al sentire europeo, hanno poco in comune con oggi. Il muro di Berlino stava ancora in piedi: l’Europa di cui parliamo era l’Europa cosiddetta Occidentale mentre la ricca storia dell’est, dalla Polonia alla Jugoslavia, stava ancora nel recinto presidiato dall’Unione Sovietica.

I gemellaggi erano quindi l’occasione di consolidare un’appartenenza di campo ed eravamo ancora lontani dall’involuzione economicistica che si sarebbe affermata nel decennio successivo con le conseguenze che stiamo pagando in questi anni. Il progetto della Comunità Economica Europea firmato a Roma nel 1957 era fortemente condiviso dalla gran parte delle forze politiche europee che ne auspicavano lo sviluppo. Incontrare gli amministratori delle città gemellate significava incontrare esponenti socialisti (francesi), democristiani fiamminghi, catalani autonomisti, posizioni politiche diverse ma unite dal rispetto reciproco e dalla condivisione della costruzione di una più solida patria europea. Mi colpì molto, nei diversi colloqui che avvenivano nei periodici incontri sia a Lecco che nelle città gemelle, la conoscenza profonda che, soprattutto gli amministratori fiamminghi e catalani, avevano della storia politica italiana, non priva di ammirazione per le capacità possedute dai nostri leader politici più importanti.

Gli incontri con gli amministratori di Macon mi risultavano piuttosto piacevoli perché non avevo il problema della lingua: il papà era nato nel Principato di Monaco e da bambino avevo imparato la lingua stando in vacanza dai nonni e giocando per le strade con i coetanei. Alla fine di un intervento una signora mi disse “lei parla il francese con un accento del Sud”; la cosa mi colpì tanto era vera e tanto non ci avevo mai fatto caso fino a quando non capitò di conversare con francesi del Nord.
Nei viaggi a Overejse con i sindaci Resinelli e Mauri mi colpì il paradosso di una cittadina del nord Europa che aveva allora una delle sue principali attività economiche bella produzione di uva da tavola: per opporsi alla geografia del territorio (non certo particolarmente baciato dal sole) le viti erano coltivate in serre riscaldate con costi sostenibili fino a quando il Belgio poteva contare sul carbone del Congo (ex-Belga) e che allora stavano entrando in difficoltà.

Si è sfiorato un giallo politico-amministrativo sul finire dell’anno 1987. C’era in visita una delegazione della Confraternita dei Vignaioli di Macon che voleva a tutti i costi “intronizzare” (cioè accogliere nella confraternita dedicata a San Vincenzo, la cui statuetta lignea è ancora oggi nell’ufficio del primo cittadino) il Sindaco e altri rappresentanti del comune e delle associazioni. Il giorno della cerimonia coincideva con il penultimo giorno dell’amministrazione che presiedevo e dovevamo approvare importantissimi provvedimenti sia nella seduta di quel pomeriggio che nel giorno successivo. Impossibile sottrarsi all’insistenza dei vignaioli ma anche dei componenti il gemellaggio. La cerimonia richiedeva di bere tutto d’un fiato una grande coppa di vino, cosa che feci anche se la performance non consentì di raggiungere in tempo il salone del consiglio comunale dove nel frattempo era saltata la seduta con problemi non semplici da risolvere il giorno successivo.
Il gemellaggio con Igualada è nato dal desiderio di ampliare il rapporto con la Spagna, una nazione che aveva recuperato la piena democrazia da non moltissimi anni. Per la scelta ci appoggiammo sulla Vicepresidenza del Parlamento europeo di Roberto Formigoni che si mise in contatto con Jordi Pujol, il carismatico leader catalano che suggerì la cittadina di Igualada, alle soglie di Barcellona, un po’ come Lecco rispetto a Milano, e con caratteristiche di attività e prospettive di sviluppo che rendevano interessante il gemellaggio che fu concluso in tempi brevi.

C’è un episodio che non ho più scordato. In occasione della firma di un gemellaggio nelle due città si svolgono iniziative diverse, culturali sportive etc. Viene poi il momento dei discorsi ufficiali. Per il mio intervento a Igualada, dopo le considerazioni di prammatica, avevo scelto di concludere con un richiamo alla Madonna venerata a Montserrat, una madonna nera “morenita” che negli anni del franchismo era stata il simbolo del mantenimento della fede e della cultura catalana, lingua proibita fino alla caduta di Franco.

Lessi così, in conclusione, un breve testo in lingua catalana, poche righe che fecero scoppiare il pubblico in un commovente applauso, tale il legame di quella terra con la propria tradizione cultuale e religiosa.

Ricordi del Comitato Gemellaggi di Lecco

Mi avvicinai ufficialmente al Comitato Gemellaggi, che già conoscevo bene ed alle cui manifestazioni avevo già avuto modo di partecipare, dopo il mio ingresso in Consiglio Comunale ed in Giunta nella primavera del 1975. La mia presenza durò fino a metà degli anni Novanta con i Presidenti Sangregorio e Magni. Nel 1975 ebbi dall’allora sindaco Tirinzoni la delega a rappresentare la Giunta nel Comitato stesso e nell’agosto di quell’anno visitai ufficialmente la città di Overijse in Belgio, con il rappresentante del Comitato, l’amico purtroppo scomparso, dott. Giuseppe Gandola.

In quel periodo si tiene nella cittadina la Festa dell’Uva e ricordo l’accoglienza amichevole essendo già in corso contatti da tempo. Frequenti furono gli incontri negli anni successivi per giungere poi al gemellaggio ufficiale, ma non tocca a me qui documentare l’attività importante svolta dal Comitato. Altro ricordo particolare è la mia prima visita ad Igualada, prima che si avviassero contatti ufficiali poi sfociati nel gemellaggio. Ero a Barcellona per lavoro e con un mio amico e collaboratore locale mi recai ad Igualada per conoscere il sindaco e verificare i possibili passi di collaborazione per il gemellaggio con Lecco.

Era domenica ed il sindaco era nello studio in Comune e seguiva una partita di hockey su rotelle, sport nel quale la squadra della città di Igualada eccelleva a livello nazionale ed europeo. Aspettammo il termine dell’incontro sportivo prima di poter iniziare la nostra chiacchierata. Sono due piccoli episodi che mi ricordano però l’importanza del lavoro svolto da tutto il Comitato, il piacere dei rapporti personali amichevoli e continuati nel tempo per molti dei protagonisti, e la fiducia nei progetti di amicizia che hanno e caratterizzano l’attività del Comitato da tempo aperto anche all’Est europeo.

Ho sempre giudicato fondamentale il rapporto fra realtà locali europee, fin da giovane convinto federalista, ed ho poi partecipato sempre con interesse a tutte le iniziative di scambi, incontri istituzionali e di categoria che rimangono validi anche ora in cui l’Europa cammina da tempo con gambe solide e con obiettivi comuni
che ne fanno una realtà fondamentale nel mondo globalizzato.

Paolo Mauri, già sindaco di Lecco

Nel mese di agosto del 1980 la nostra città siglava il gemellaggio con la città di belga di Overijse, una ridente località a pochi chilometri di distanza da Bruxelles. La cerimonia fu poi ripetuta l’anno successivo, il 24 maggio, a Overijse. Qualche anno prima, nel 1972, Lecco si era gemellata con la città francese di Mâcon. Mâcon e Overijse erano da tempo unite da un patto di gemellaggio e fu così che le delegazioni italiana e belga ebbero modo di frequentarsi in occasione dei molti scambi scolari, sportivi, culturali organizzati tanto a Lecco quanto a Mâcon in quegli anni lontani. Il documento ufficiale del gemellaggio fra le due città fu firmato da chi scrive, per la città di Lecco, e da René Brankaer, Sindaco di Overijse.

Al mio arrivo nella nuova città gemellata mi colpirono la dolcezza del paesaggio e la vasta distesa di serre nelle quali si coltiva la vite che è una importante voce dell’economia locale, soprattutto uva da tavola ma anche vino, esportati in tutta Europa. Fra le glorie di Overijse si annovera un grande umanista Justus Lipsius (1547-1606), legato d’amicizia a Erasmo da Rotterdam. Nonostante la considerevole distanza fra le due città, oltre 900 chilometri, numerosi sono stati nel tempo gli scambi, segnatamente nell’ambito delle discipline sportive ma si ricordano anche trasferte di gruppi musicali e corali. I gemellaggi hanno rappresentato un’occasione di assoluto rilievo nella prospettiva di avvicinare fra loro cittadini, soprattutto giovani, di nazionalità e culture diverse e hanno svolto un ruolo di notevole importanza contribuendo a formare le premesse per la realizzazione di quel grande disegno che si chiama unificazione europea.

La nostra città si è segnalata fra le prime in Italia per numero di iniziative promosse in quasi cinquant’anni di appassionata attività. L’Europa è oggi una consolidata realtà e i Comitati continuano nella loro missione volta ad avvicinare i cittadini d’Europa, contribuendo così al superamento di anacronistici e inveterati pregiudizi.

Ho pensato di dire qualcosa in occasione dell’anniversario del Vostro comitato, anche se non conosco la attività più recente e da tempo non ho più occasioni di incontro. L’iniziativa dei gemellaggi era già caldeggiata negli anni 60 e si era subito rivelata utile per lo scambio di esperienze tra amministratori e per l’apertura su realtà diverse di vita associativa. I primi contatti erano stati avviati dal mai dimenticato avvocato Emilio Sangregorio che era assessore della Giunta Rusconi. E poi è stato mio vice-sindaco. Sangregorio era stato tra i fondatori del Movimento Federalista Europeo, quello di Altiero Spinelli, al quale io avevo aderito quando ancora avevo i calzoni corti. Certamente la sua sensibilità verso le prime realtà comunitarie ha influenzato la decisione del Comune di Lecco di preparare il primo gemellaggio.

Grazie al contributo di brillanti figure lecchesi (che non cito per il timore di dimenticarne qualcuna) i contatti avevano ben presto portato allo scambio di proposta con il Comune di Macon e dopo alcuni incontri preparatori si giunse rapidamente al primo gemellaggio con delibera del Consiglio Comunale, istituzione del Comitato e solenne celebrazione sia a Macon che a Lecco. Da noi la manifestazione è stata più freddina, secondo tradizione locale, mentre quella svolta a Macon è stata grandiosa in quanto abbinata alla fiera internazionale del vino che si teneva periodicamente. Dopo la solenne cerimonia è seguita infatti sia la visita ad alcuni “cru” che una sorta di celebrazione della nascita di un nuovo vino locale sotto gli auspici del gemellaggio.

Se ne avrò occasione vi racconterò le spaventose sbornie che sono seguite. Notevoli le iniziative si sono poi succedute nei primi anni del gemellaggio soprattutto per l’interessamento di insegnanti, della associazioni di categoria e di imprese lecchesi.

I Comuni Gemellati

Dal 1970 a oggi la città di Lecco ha stretto rapporti di gemellaggi con comuni in paesi europei ed extra-europei. La cittadina francese di Mâcon è la prima a intraprendere questa nuova strada con Lecco. Negli anni Ottanta vengono firmati i patti di gemellaggio con Overijse, in Belgio, e Igualada, in Catalogna. Più tardi si aggiunge Szombathely, in Ungheria, mentre solo nel 2005 nasceil rapporto extra-europeo con la città russa di Mytishi.

Mâcon
Overijse
Comune gemellato Igualada
Igualada
Comune gemellato Szombathely
Szombathely
Mytishi